Riflessioni

Riflessioni

La mattina in cui mi sono imbarcata sul volo con destinazione Haiti non credevo che sarei tornata a casa con la voglia di ripartire il giorno dopo; dentro al mio cuore ci sono ancora i ricordi vivi di tutti quei visi dei bambini che mi sorridono, mi accarezzano questi capelli lisci e mi accarezzano il viso così liscio e chiaro a differenza del loro. Il primo giorno mi è capitata una cosa che non credevo potesse mai succedermi, davanti alla gioia e all’allegria dei canti intonati da questi bimbi dai miei occhi sono iniziate a scendere lacrime che non erano altro che una immensa emozione, emozione di essere tra loro sapendo che quel poco che potevo fare con le mie mani per loro era tantissimo, sapendo che un mia semplice linguaccia per loro era motivo di risa, quelle risa di bambini che nonostante vivano di poco o nulla hanno sempre un viso che brilla di allegria.

Lavorare fianco a fianco a mio papà, sporcarsi le mani, sudare sotto al sole cocente per costruire due porte in un campo da calcio, visitare e somministrare pomate e capsule ad adulti e bambini sapendo che nessuno ti darà una pacca sulle spalle, nessuno ti darà lo stipendio, possono sembrare,  per chi non le ha mai provate,  atti o azioni che non ti lasciano nulla, ma per me non è stato così infatti ogni volta che sento alla televisione del sisma di febbraio 2010 o leggo sul giornale di Haiti il mio pensiero va a quei tre pali inchiodati che stanno rendendo felici molte persone.

Le impressioni e le sensazioni che mi sono portata via da lì sono estremamente personali, difficili da raccontare, sono un mix di immagini, suoni, rumori che solo persone che sono state sul territorio, credo, possano capire; è difficile anche dalle fotografie descrivere i sorrisi di quella gente, il territorio arido, le strade piene di coloratissime tap tap, il momento del passaggio della frontiera con lo slalom tra le patane (i nostri autoarticolati) e tutti i piccoli gesti che si fanno, come il fermarsi a prendere una CocaCola freddissima a fine giornata.

Purtroppo la mia avventura è durata solo quindici giorni, ma sono stati i quindici giorni più emozionanti che io abbia mai avuto in 22 anni della mia vita, sembra una frase fatta, lo so, ma io mi sento di dire che per me è stato così, vivere solo per aiutare persone che non hanno nulla, arrabbiarsi o rimanere delusi se non si è riusciti a fare ciò per cui sei lì, piangere per delle canzoni cantate da bambini adesso so che sono parte di me e nulla potrò portarmeli via.

Si dice che da viaggi di questo genere si torna cambiati, diversi, tutto questo è verissimo, si impara, almeno per quanto mi riguarda, a dire meno “lo voglio”, a fare a meno di cose che verranno usate solo una volta, a non buttare via ciò che per te è vecchio ma a donarlo a qualcuno che lo terrà come fosse nuovo, ma soprattutto si cercano attimi di solitudine, nei quali ci sei solo te e i tuoi pensieri e tutto ciò che ti circonda, anche se per pochi attimi svanisce, come in questo momento che mi trovo seduta sul letto della mia casa a Bologna e la mia mente sta rivivendo tutte quelle immagini vissute ormai, più di 5 mesi fa.

Ginevra Boganelli